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Incontri: Frida Khalo, Sergio Gaddi, gioielli e tè

da | Dic 14, 2023 | Arte & Teatro, Tempo libero | 0 commenti

Non si può parlare di Frida Khalo senza entrare nel suo essere artista e donna, tra l’altro imprescindibili. Sergio Gaddi, nella raffinata cornice della Galleria Lopez di Como, impenetrabile, diretto, crudo senza cadere in linguaggi annichiliti, anzi, colorando con spezzoni di film, canzoni mirate e assolutamente sincronizzate semanticamente, traccia con pennellate chirurgiche, Frida Khalo.

Un binomio che subito emerge. La pennellata profonda che intinge nella tavolozza di Frida tutti i dolori, le poetiche, i fatti di cui è fatta questa stessa donna. Sergio lo fa utilizzando il pennello nel medesimo modo in cui il corrimano trafisse Frida nel fatidico incidente. Ancora una volta, non si può parlare di Khalo disntinguendone la vita e l’arte, oppure usando protocolli tiepidi. Lei non lo era. Ecco perché nella morbidezza delle setole c’è l’aspetto chirurgico, da bisturi, chiodi, busti, metallo. Frida ci ha dovuto convivere con queste tenaglie, soffrirne, scendere a patti con il suo corpo, il martirio di vivere. Nonostante tutto, nonostante gli eccessi, gli amori, il suo fare rivoluzionario, il rapporto con la morte, con l’aspetto materno, gli aborti, i cordoni ombelicali che si incontrano ripetutamente nei suoi quadri, Frida celebra la vita. Nel punto terminale, esausta, incide il suo testamento “Viva la vida”, su un cocomero. L’ultimo messaggio per la gente: godersi la vita.

Nella tela si trova una rappresentazione controcorrente di natura viva, colori accesi e vivaci, il rosso che si sposa con il verde e il blu del cielo: forse iniziata nel 1952, solo otto giorni prima di morire Frida dà un tocco in più, lo termina scrivendo VIVA LA VIDA sulla metà di un’anguria aperta, accompagnata dalla sua firma e la data. 

I cocomeri, natura morta per il suo ultimo dipinto con la carica simbolica che li lega alla celebrazione del Dia de los muertos, il Giorno dei Morti messicano, in quanto considerato il frutto per creare connessioni con i morti, nel banchetto gioioso del 2 di Novembre, giorno – portale di scambi energetici. Oltre la consapevolezza della morte, Khalo confida nella “speranza di non tornare indietro”.

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“Il tram schiacciò l’autobus contro l’angolo della via. Fu un urto strano: non fu violento, ma sordo, e tutti ne uscirono malconci. Io più degli altri”

17 settembre 1925: Frida Khalo aveva 18 anni quando la sua vita conobbe l’effetto della “rivoluzione” cruda, violenta, drastica. Da attivista e di indole curiosa, uscita da scuola, salì sull’autobus per far rientro a casa in compagnia di Alejandro Gómez Arias, studente di diritto e giornalista.

Avvenne un incidente fra il mezzo su cui Frida viaggiava e un tram e la giovane ne rimase vittima. L’autobus finì schiacciato contro il muro e Frida ne ebbe conseguenze gravissime, inoltre un corrimano dell’autobus le entrò nel fianco e le uscì nella zona pelvica.

Nel corso della sua vita subirà ben 32 operazioni chirurgiche. L’arco temporale, per lo meno su questa terra, in cui Frida esprime se stessa, si manifesta con un volto iconico, la maschera che sancisce un suo potere totalitario verso l’umanità che la osserva, spesso sconvolta, talvolta dubbiosa, sempre ammaliata dal credo verso un io prepotente, che sa imporsi, a cui non gli importa nulla di andare contro. Non è una sfida verso dei cliché, è un affermare quello che Frida stessa è. Il soggetto migliore non poteva che essere lei, poiché era colei che si conosceva meglio.

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“Ho avuto due gravi incidenti nella mia vita. Il primo fu quando un tram mi mise al tappeto, l’altro fu Diego”. Così esordiva Frida Kahlo quando parlava del suo più grande amore, Diego Rivera. Un amore al limite della follia.

L’arte, l’amore e la sofferenza: punti cardine in Frida Khalo, se vogliamo lancette che scandiscono il tempo di passaggio di lei su questa terra. Frida scardina ogni possibile luogo comune. Del resto, la verità di una relazione va ben oltre i sentimenti spicci, quelli li lascia ai mediocri, lei punta in alto. Così fa anche Diego, nonostante l’atteggiamento libertino. La loro attrazione, il loro grado penetrativo simbiotico davvero tocca l’apice, tant’è che nella vita e nell’arte troveranno sempre il modo di fondersi.

«Perché dovrei essere così sciocca e permalosa da non capire che tutte queste lettere, avventure con donne, insegnanti di “inglese”, modelle gitane, assistenti di “buona volontà”, le allieve interessate all'”arte della pittura” e le inviate plenipotenziarie da luoghi lontani rappresentano soltanto dei flirt? Al fondo tu e io ci amiamo profondamente e per questo siamo in grado di sopportare innumerevoli avventure, colpi alle porte, imprecazioni, insulti, reclami internazionali – eppure ci ameremo sempre…

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Sergio Gaddi osa andare oltre il solito format dell’ora temporale, d’altronde con una artista del calibro di Frida difficilmente si riesce a contenersi. Aneddoti, il focus sui particolari dei dipinti, le note calzanti potrebbero essere quelle della LLorona. Frida Khalo trattiene ogni emozione, sentimento, ha sempre e solo una maschera, fortezza inespugnabile. Per parlare di lei, è necessario tenere un punto fermo. La freschezza del montaggio e della retorica però affascinano e si nota la passione verso la Bellezza, verso quella musa a cui tutti aneliamo. Il parallelismo però tra Sergio e Frida sta nella descrizione che lui fa di sé stesso: <critico d’arte, curo mostre e racconto gli artisti. Consigliere regionale della Lombardia. In commissione nazionale Unesco e dottore commercialista.>

Anche qui una vita, un detentore di arte. Questo inserito nella grazia e nell’eleganza della Gioielleria di Mariagrazia Lopez, che accoglie, mostra le creazioni, il pensiero geniale, le ispirazioni che portano a forgiare e incastonare pietre di caratura differente, sondando e sperimentando il sapere della gemmologia. Il grammofono parla, le candele, l’atmosfera, le collezioni, le vetrine. Tutto trasuda di Storia, in un piano che è lontano da qualsiasi realtà, se non la propria.

Frida Khalo – Hanno pensato che fossi una surrealista, ma non lo ero. Non ho mai dipinto sogni. Ho dipinto la mia realtà.

Gli incontri con artisti proseguono, ci si concedono conversazioni, scambi raffinati, intrecci di vite con personalità segnate, intente a muoversi nel piccolo cosmo. Di questo si è grati. Della meravigliosa opportunità di sapere che la nobiltà, la bellezza ci sono, dispersa ma ci sono.

Si ringraziano Sergio Gaddi, Mariagrazia, l’affetto familiare e raffinato vissuto, gli ospiti e la squisitezza di una Nobile Signora, di nome Barbara

erica g

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