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Il rumore del Pesce d’Aprile è “fran”

da | Feb 18, 2020 | Famiglia | 0 commenti

Fran. Un suono, un rumore secco, definito, chiaro e pesante. Non s’immagina che a volte il Pesce d’Aprile può fare questi scherzi così assurdi e di cattivo gusto. Ma che rumore è “fran”? Cosa significa? Tutti pensano che i pesci siano muti ed il suono massimo che riescono a produrre rappresenta il piccolo scoppiettio di una bolla d’acqua od uno schizzo. Nulla di più. Ed invece, qualche volta, accade l’inimmaginabile… si sente un “fran”.

Perché quel quadro decide di cadere? Cosa accade al chiodo che è sempre rimasto lì, da anni, forse decenni, per decidere di rompersi? Come mai avviene questa rottura dal sapore metallico, quasi ferroso, che sa di sangue rosso, vivo e pulsante? Fran: il disperato infrangersi di un ordine per cui tutto deve essere rivisto. Fran: un climax di emozioni e sentimenti, immagini spezzate e frammentate, rabbia e paura, compassione e desolazione, crepe di dolore che si insinuano nelle notti insonni e nei giorni troppo ripetitivi, pieni di battaglie.

Quanta bellezza nel trascorrere una serata in tre: che cosa sorprendente! Fino ad una settimana fa, accanto al caminetto, eravamo solo in due. Progettavamo e disegnavamo a parole i confini dei nostri sogni che si sarebbero triplicati. Che dolcezza quei momenti! Istanti profumati di speranza e promesse. La nostra vita sarebbe stata sconvolta da un piccolo essere umano che stava per irrompere nel nostro cuore e nella nostra quotidianità! L’attesa e la consapevolezza che tutti i corsi frequentati e le guide sfogliate, non ci avrebbero reso pronti ad un compito a cui non eravamo ancora preparati! Ma guardandoci negli occhi, a distanza di solo qualche giorno di vita in tre, vi era la certezza del “che importanza ha?!, impareremo in tre a crescere, piano piano! E se sbagliamo, potremo sempre migliorare”. Una cosa proprio non riusciva… cantare la ninna nanna! Per fortuna esistevano le favole e le fiabe. La nostra sembrava propria una fantastica storia ma stava per abbattersi su noi “l’imprevisto”. Fran.

Fran – Lui

Sono arrivato ad odiare il bianco ed il turchese pastello. Detesto l’odore dei disinfettanti, dell’acqua di colonia, di alcool da ospedale. Ma queste cose fanno da cornice a quel maledetto programma che la mia compagna deve seguire a seguito di quello che oggi chiamiamo “fran”. Giorni e giorni vissuti nel limbo. Paroloni scientifici e notti infinite passate a cullare la nostra bambina con una mano e l’altra impegnata a scorrere la pagina di Google dedicata alla parola “Ictus”. Come si sveglierà? E se tale quesito appare terribile, non è nulla in confronto al percorso minato che attende la persona colpita da questo orribile “fran” e chi si prende cura di lei. Si devono rispettare regole, si è costretti a vedere la propria compagna “sballottata” da una stanza all’altra, lasciata davanti ad una finestra ad osservare il vuoto con un carrellino su cui è posata la merenda e le briciole acquose scendono dalle labbra, proseguono sul bavaglino, sino ad arrivare sulla copertina che tiene calde le gambe. L’infermiera si è dimenticata di fare il suo lavoro…

Odiavo il bianco eppure ora, vedendo la mia compagna vestita come una nuvola brillante e luminosa, buffa nella sua parlata un po’ strascicata eppure bellissima su quella panchina, mi rendo conto che di questa donna sono sempre stato follemente innamorato! E anche la sua disabilità mi ha rapito, portandomi nel mondo di questa donna che proteggerò sempre!

Fran – Lei

Ma cosa diavolo mi è saltato in testa quel giorno, quando ho letteralmente litigato con l’architetto per far mettere un gradino divisorio al pian terreno?! Perché mi dico io?! Mi credevo intelligente e sicura, spavalda e discretamente affascinante. Invece guardatemi, sono una disabile che si muove con anima e corpo a scatti. Spesso sono confusa, ci sono voluti mesi affinché la mia testa potesse mettere in ordine cronologico qualche brandello di memoria. Logopedia, fisioterapia, psicoterapia… sono arrivata ad essere intrattabile con chiunque. E lui, il mio uomo di sempre… ho trattato male anche lui! Gli ho chiesto di stare lontano almeno un poco, quel tanto per vivere combinando pasticci e rompendo non solo i piatti ma talvolta anche me stessa ed i miei affetti. Eppure in quelle rotture sono cresciuta. Una sera, lui mi ha detto: “va da nostra figlia!”. Avevo paura che non mi volesse parlare la nostra ragazza adolescente. Il mio compagno, a distanza di un braccio, con le lacrime che non volevano scendere mi ha ripetuto: “va tu da nostra figlia e resta!”. E sono restata.

Non potevo credere ai miei occhi, lui in smoking?! Ho riso davvero tanto, un po’ a scatti ma ormai ci sono abituata. La donna che ero e che sono diventata: se metto le immagini a confronto non scelgo di tornare indietro, riesco perfino a ringraziare quel “fran”! Una sfida a cui ero particolarmente legata, sono riuscita a vincerla io, la nuova donna che alberga in me! Quel maledetto gradino di casa, non ho chiesto di sostituirlo o che si apportassero modifiche: davanti al mio uomo ed a mia figlia, sono riuscita a “scalarlo”! Con questo “fran” mi sono innamorata di più della vita e di quel fantastico uomo che mi ha seguito sin dove quella bolla improvvisa ci ha condotti…

Si ringrazia per la preziosa collaborazione il Teatro Giuditta Pasta di Saronno.

Si ringrazia Cesare Bocci e Tiziana Foschi per il toccante messaggio di “Pesce d’Aprile”.

Per conoscere la disabilità nel senso più ampio del termine, con la possibilità di scoprire qualcosa in più, visitate il sito www.anfass.net.

 

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