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Van Gogh Cafè: viaggio nell’Uomo con Andrea Ortis

da | Feb 2, 2023 | Arte & Teatro | 0 commenti

170° Anniversario della nascita di Vincent Van Gogh Cafè | Produzione teatrale “Van Gogh Cafè” | Dialogando con Andrea Ortis

Per prima cosa tutti gli attori devono avere un cuore aperto. Attori duri, spregiudicati, interessati solo alla
carriera saranno anche brillanti ma non possono recitare nel Mahabharata. IL Mahabharata può essere interpretato solo da chi è aperto e interessato a qualcosa che va oltre i soldi e la carriera: alla favola dell’essere umano. sono questi gli attori che dobbiamo trovare: persone diverse le une dalle altre, di talento e dal cuore grande – Peter Brook (1925 – 2022)

Tale citazione apre al dialogo riguardante la commedia musicale Van Gogh Cafè – e non solo -, con Andrea Ortis, autore, attore e regista

Andrea Ortis – regista, autore, attore

La sottolineatura del genere “commedia musicale” non è scevra da una giusta fierezza dal gusto tenero ed affettuoso verso la propria patria. La creatività “made in Italy” è intrinseca a questo tipo di produzioni: rappresenta un valore aggiunto inestimabile poiché, unita ad uno studio approfondito ed intenso, porta sul palco “l’uomo” in quanto tale, svestito da presunzioni, immune da descrizioni sovrabbondanti e troppo spesso ingombranti. Si trova in scena un uomo pulito, finalmente con i piedi per terra, dismesso dal piedistallo, non per denigrarlo ma, per restituirlo nella sua pienezza,
vulnerabilità, verità.

Per arrivare a Van Gogh, Andrea si immerge nell’intenso scambio epistolare con il fratello di Vincent, si connette alla propria affinità con la Francia, la Provenza, sente le radici materne, la cui espressione sfocia nella pittura. Si lascia trasportare dall’espressionismo, dall’impressionismo, si addentra nella letteratura storica, nei quadri e non avverte per nulla la follia troppo spesso descritta di Van Gogh. Le nuance che ritrova sono di tutt’altre tonalità: fiducia, speranza, gioia, tenerezza.

C’è una profonda conoscenza del tema che sottende la scenografia, la coreografia di un Vincent assolutamente “malato” e “ammaliato” dalla vita.

Ciò che è descritto come sinistro, pauroso, incerto nella figura “classica” di Van Gogh, riscontrabile in molti documentari, come trova collocazione?

Andrea risponde con degli interrogativi, assolutamente calzanti. 

  • Chi di noi non è solo?
  • Chi non è mai entrato in una profonda crisi?

La vera sconfitta della vita è il non vivere, è il grigiore, il rifiuto delle cromie, la follia è legata naturalmente a noi stessi, viene concepita come gemella del nascituro.

D’altronde è nel dolore il vero elemento creativo, la genesi dell’arte. Nel vuoto l’alito e il fango alchemici, danno il via allo sviluppo germinativo.

Un’altra riflessione che conduce al baratro invece è la possibilità di non amare oppure, di non incontrare nessuno che possa amarti.
Tutto questo non ha a che fare con il concetto di pazzia, è possibile, sono tutti avvenimenti plausibili. Allorquando si verifichino gettano disperazione perché un artista, Vincent, Andrea, chiunque, ogni uomo ha bisogno di confrontarsi. Tremenda è l’indifferenza.

Nel dolore invece c’è fertilità

Si vive in una società che punta sul “troppo” e sulle immagini, per le parole c’è così poco spazio.
Questo senso opprime, impedisce alla gente di produrre un pensiero e conduce ad uno spegnimento dell’io, della coscienza. 
Eppure ci sono fari, punti luce come Andrea che crede fortemente nella possibilità di essere utile per qualcuno, per arrivare a qualcosa, per essere propulsore di opportunità.

In questo non c’è competizione, c’è una offerta che apre alla possibilità di ascolto. Non c’è ritorno o misura, si lascia
un germoglio, una chance. Chi vuole, la ascolta, impara, si allena ad una certa “qualità”.
Ci vuole un’accuratezza nello studio imponente. Si devono andare a sollecitare le forze del bimbo/fanciullo racchiuso in ogni essere umano, ingrigito da un velo.

  • Il timore di Andrea è che lo spettacolo diventi qualcosa per se stessi, per raggiungere un proposito esclusivo. Il teatro è fare un sogno insieme, accomunare persone che abbiano generosità, voglia di dialogo, umanità.
  • Il secondo timore è accorgersi che la gente sia circondata – approvando troppo spesso – da personalità prestanti, ebbre di performance.

Ci vuole umanità, ove necessario porgere sul palmo del palco le proprie fragilità, far emergere quei pensieri intellettuali che non hanno paura di aver teso l’arco temporale su un lungo periodo. Ce ne sono pochi ma, senza questo “lungo termine” non c’è sogno.

Senza sogni – si badi che la capacità di sognare ha permeato le menti di grandi filosofi, politici, economi, non ha a che fare con l’aver la testa tra le nuvole! – l’uomo risulta finito, è un valore assoluto, come in matematica, tra due barrette,
in gabbia.

Sforziamoci di allargare gli orizzonti, di lasciare la gabbia: c’è il nulla, si è in contro -corrente?
Resta la fierezza di un gesto di nobiltà verso sé, il proprio fanciullo e la costruzione di un piccolo spaccato quotidiano che restituisce l’uomo puro, fragile, geniale, come lo sono stati Dante, Vincent e molti altri. 

Non è utile aggrapparsi a degli stereotipi, piuttosto è bene investire su un impegno costante, di ricerca e creazione.

Sono così, da sempre nella condizione dell’andare, come se in me vivesse un desiderio di migrazione, qualcosa che mi porta sempre via, che ogni volta soffia sulle pagine della mia vita, facendole girare aprendo nuovi spazi. Sono così, con la mia casa sulle spalle, le mani in tasca e tutta la mia inguaribile voglia di mondo! – cit. Andrea Ortis

Per consultare le date della tournée di Van Gogh Cafè Commedia Musicale – produzione di MIC International Company – regia di Andrea Ortis visitate qui.

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