Teatro Giuditta Pasta di Saronno | Martedì 3 Dicembre 2024| ore 20.45 Vorrei Una Voce di e con Tindaro Granata con le canzoni di Mina
Tempo fa, cercando un maglione o una giacca, dei pantaloni li avrei scelti con tonalità forti, decise. Oggi, crescendo, percorrendo la mia evoluzione tendo a preferire colori più tenui. Amo sempre il giallo per la sensazione di luce di cui mi riveste e il blu totalizzante. Scopro però con piacevole sorpresa di essere affascinato dall’azzurro carta da zucchero, dalle sfumature pastello.
Queste le parole di Tindaro Granata, avvolte dalla sua straordinaria sensibilità. Tindaro Granata, un artista che coniuga la capacità di tecnica, regia, scrittura, idee, si esprime attraverso i colori che gli appartengono. La voce di Tindaro che dialoga in merito ai Suoi progetti e ai tratti della sua Anima-persona ha tutte le caratteristiche timbriche capaci di evocare una fiaba.
Tindaro ha in sé l’abilità di ascoltare e osservare traducendo con la voce quello che arriva. Ancora prima di essere un attore con la voglia e la sana ambizione di stare sul palco e diventare fulcro di attenzione, è un’anima curiosa. Desidera comprendere cosa c’è al di là di una storia, di una biografia, cosa c’è oltre un paio di occhi.
Una peculiarità della tempra di Tindaro è proprio il toccare con mano il lato profondo, intimo dell’uomo, di chi gli sta di fronte: questo gli è necessario per comprendere l’umano che è in sé medesimo.
Ci sono emozioni più imponenti di quelle che ha provato nel corso delle proprie esperienze, arrivare a identificarle significa poterle poi restituire in una delle possibili tematiche. Molti hanno paura del “Grande Gigante Gentile”. Se un essere umano si avvicina a questa strana creatura, ne diventa amica, può con prudenza e determinazione presentarla e integrarla nel pensiero e nel cuore di tutti. Tindaro fa esattamente questo: diventa prisma in grado di riflettere questioni delicatissime e cariche di significato, come fossero bruchi pronti a divenire farfalle. Sul palco abbiamo perciò storie possibili, testimonianze autentiche tanto intrise di umanità, quanto colme di leggiadria.
Ci vuole tanto coraggio e tanta fatica, specialmente per questo mondo anestetizzato nel provare emozioni.
È necessario guardare negli occhi, creare lì in quello spazio un dialogo, nella distanza tra due paia di occhi. Così si riconosce l’altro che non è niente altro che un pezzo di sé.
Guardando negli occhi Tindaro porta in tour un lavoro toccante e pieno di speranza. <Vorrei una Voce>.
Vorrei una voce nasce da un incontro speciale che ho fatto all’interno della Casa Circondariale di Messina, nella sezione femminile. Stavo vivendo un periodo molto particolare della mia vita e, quando mi sono trovato lì e ho dovuto scegliere su cosa lavorare, non avendo desiderio di fare altro se non trovare una pace interiore che in quel momento non avevo, ho proposto a una decina di ragazze di mettere in scena l’ultimo concerto live di Mina, svoltosi il 23 agosto 1978 presso lo storico locale notturno toscano La Bussola. La scelta del playback è per dare la possibilità di interpretare le sensazioni nei confronti di una determinata canzone.
Le donne del carcere (scevre da qualsiasi conoscenza di recitazione) hanno ritrovato sensualità, femminilità. Il percorso ha portato Tindaro a elaborare un monologo teatrale dove sono presenti cinque storie di donne che hanno smesso di sognare nell’esatto momento in cui hanno fatto il proprio ingresso presso le mura carcerarie. Sono donne ma indossano una tuta nera e della scarpe basse. Una parte di esse è morta.
La loro richiesta è stata tanto semplice quanto straziante: Tindaro soltanto avrebbe dovuto incarnare la loro voce e la loro storia. Durante il laboratorio in cui hanno cantato le canzoni di Mina e hanno compiuto un viaggio, sono riuscite a intravedere la possibilità di sanare la propria parte femminile, il sacro femminile.
L’interiore acquietato si riflette in un riflesso esteriore capace di perdonarsi. Mai giudicare poiché l’uomo può cadere in errore, può sbagliare perdendo il rapporto con sé stesso prima che con gli altri.
Queste donne sono nella vita, nella voce, negli occhi di Tindaro. C’è una grande dolcezza, tanto amore genuino che fluisce casto e colmo di ossigeno.
La scelta di Mina riguarda l’infanzia e l’adolescenza di Tindaro: una donna a cui si è legato per le emozioni, il pathos, il carisma che lei stessa, figura iconica, trasmetteva.
[…]attraverso le sue canzoni, ho analizzato, raccontato, pianto; mi sono disperato per i miei tormenti d’amore e, in generale, della vita. Ho realizzato che, ogni volta che facevo i conti con me stesso, li facevo sempre con una colonna sonora di sottofondo, e questa era la voce di Mina.
Tindaro attento, delicato, con mente e cuore sognanti, ha attivi altri progetti tra cui il debutto a Brescia il 14 gennaio con <Il malato immaginario>, un lavoro provante, smuove acque agitate ma di cui è fiero. Fino ad Aprile porterà <La pulce nell’orecchio> insistendo però sulla creatura generata nella casa circondariale <Vorrei una voce>.
Tindaro è voce di Fiaba, voce di donna, voce di tanti occhi. Un artista che prima di tutto è un’anima che sogna, con le ali costruite da colori e piccole attenzioni…
Si ringrazia la disponibilità, l’umanità e i sogni di Tindaro Granata. Si ringrazia il Teatro Giuditta Pasta di Saronno
erica g
0 commenti