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Pollock, due vite, un quadro e il dilemma tra vero e falso

da | Feb 16, 2022 | Arte & Teatro

giuditta-pasta-2le-verita-di-bakersfield-1-920x600 Sono tre parole che dovrebbero possedere contorni chiari e netti – a tal proposito viene in mente la biblica citazione <Sia il vostro parlare: “Sì, il sì”, “No, il no”> – eppure mandano in crisi.
Si interpellano illustri professionisti e luminari – e le due parole contengono entrambe la radice di luce, che singolare ironia! – ma nulla, non c’è assolutamente nulla da fare.
Si fa la guerra con lunghi ed esasperanti monologhi interiori, pronunciati a voce alta per giunta, per tracciare una linea di divisione appena poco più in là per un concetto veritiero o per l’altro falsificato.

A ben pensare quanti filosofi si scomodano ogni volta, gli si promettono offerte come fossero dei, si racimolano tutti i guadagni pur di cavare un dato di realtà, una cosa certa. Ci si arrovella la testa, creando turbini e vortici nel tentativo di avere almeno un punto, uno solo, saldo e concreto.

Non c’è qualità che possa definire questo aspetto esistenziale. Solamente è necessario un atto, una presa di coscienza verso se stessi e la nostra facoltà di muoverci nel piccolo mondo a cui siamo destinati a muoverci. È necessario arrenderci all’evidenza che vero, falso e realtà possano assumere toni cangianti e nell’assoluto non sapremo mai dove sta il confine di uno e degli altri, forse non lo sapremo considerando che la razionalità in nostro possesso non è espansa, più si tenta in tal senso di ampliarla, più ci si rende conto di arrivare a dei limiti.

Un quadro, il quadro di chi ha tolto la tela dal cavalletto, di chi ha utilizzato corpo e gesti per dipingere ed esprimersi (Jackson Pollock), è implicato nella ricerca della verità. Due individui, i panni concitati di un uomo illustre – ha un sapore metallico questo vocabolo, in un contesto dove i tratti sono così dilatati e relativisti – interpellato per saggiare l’autenticità del quadro e la volgare colorita appariscenza di una donna alla deriva, che spera di avere una vita risollevata dal riscatto di verità.

Un uomo e una donna, ciascuno davanti al proprio banco -imputati entrambi? Accusatori? –  e un quadro che ha la parrucca della giustizia come capigliatura. Non lo si vede, non parla, dà le spalle. Lui, il quadro, potrebbe concedere il testimone della verità all’uomo o alla donna.

  • Il primo dalla vita apparentemente perfetta, un successo, un climax di riconoscimenti, un solo neo scivoloso.
  • La seconda, segnata da una vita sconquassata, strampalata, sconnessa eppure capace di restare in campana, nonostante il fumo, la birra e affetti scomparsi.

Quanto sono veri i dollari più della realtà, più della netta demarcazione di autentico e falso?

Quanto conta essere critici di arte e critici di mondo allorquando i paletti in cui ci si muove sono irremovibili, non servono perizie e non occorre interpellare nessuno, se non se stessi, smuovendo i propri principi?

Quanto conta il giudizio verso un quadro, il capo rappresentante di una corte che assiste all’apice di una sfuriata verso la propria esistenza, consapevole che una singola azione, una parola la riduce all’effimero, questa vita bellissima e miserabile?! E si viene invitati con un linguaggio sì lordo, per scuotere, a valutarsi: quanta verità e realtà viviamo? Si è falsi di autore di sé stessi? Quanto inganniamo gesti e parole rivestendoli di connotati altisonanti e fieri. È meschino tutto questo? E’ sopravvivenza?

O semplicemente ci si arrende al momento in cui tutto crolla, anche il camper fantasma di ferraglie e della moda ‘seconda-mano’, cade persino la torcia attaccata al cavo del palo della corrente che rischia di fulminare il cielo.

Si ringrazia il Teatro Giuditta Pasta di Saronno
Si ringraziano gli attori Marina Massironi, Giovanni Franzoni, la regia e tutto il cast tecnico e di produzione

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