flexile-white-logo

A dialogare con Violetta e Camelie: non sono solo storie!

da | Nov 9, 2021 | Arte & Teatro

vario-1259480

Dicono così, gli esperti d’arte. Patrimonio dell’Unesco.

So che nessuno di loro avrebbe potuto sostituirsi in questo ingrato compito! Attraversare mezzo tratto di Lombardia, su strade per nulla conosciute, col rischio di ghiaccio e gelo, immersi in un clima polare per cosa?! Per accompagnare chi dell’Opera ne fa un monumento, perché è in una delle sue giornate costellate di alterchi e, l’ulteriore disgrazia per cui si è reso necessario l’appello al mio nome, è il fine vita della batteria di un auto indecente.

Ed eccoci, in questo viaggio di speranza, in cui si tenta di apprendere qualcosa su questa Cosetta, Codetta…  ah, no Violetta!

Il labiale, perché fino all’ultimo quell’essere innominabile, nonché amica ventennale, non aveva voluto svelare di cosa si trattasse ed in aggiunta, a coronare l’ebrezza dell’avvenimento, la forte raucedine che l’aveva colta improvvisamente, non consentiva un normale dialogo.

Violetta, il solo nome iniziava ad abbassare la temperatura del corpo, con brividi e scosse di Zefiro.

Ed eccoci in un luogo dal gusto domestico, quasi elitario per come si presentava, colori nocciola e bianchi estratti da gessi, ceramiche, argille.

Sarebbe bastato quel nome per scoprirmi? Sarebbe bastata la pronuncia di un nome, Violetta, per levarmi la maschera che indossavo da – oh, cadano qui le parole!

Sarebbe valsa come aiuto la voce di quella orientale grazia (Kaoru Saito), capace di scardinare il pregiudizio del mimo lirico, toccando le corde vocali e vibrazionali, esponendosi nel corpo e nel volto, volgendosi agli invitati ed a me?

Non era una esibizione, non era uno spettacolo.

Ero nella stanza di Violetta, con lei e quella sua amica – quale arcana ingegneria ha portato una soprano a Parigi e a corte per giunta?! – tra piume di struzzo, guanti a rete e giochi di seduzione.

I nostri sguardi formavano un trio magico, quasi fossimo streghe intente ad invocare la messa di un grimorio bianco.

Con loro coglievo le sue provocazioni e le sue dichiarazioni. Dialogavo con Alfredo.

Dovevo tenermi ai braccioli della poltroncina: non comprendevo più dove finisse Violetta ed iniziasse la Donna (Silvia Priori), viva interprete del personaggio di Dumas e della storica Marie Duplessis.

Erano smarriti i sensi nel cogliere gli occhi di Violetta-Silvia, così intenti e sognanti nel conversare e far di parola con Alfredo, mescolato nella platea. Le mani sudate stringevano i braccioli ancor più forte, strizzavo la fronte e le palpebre: ero di nuovo con Violetta, Flora attendeva di sotto.

Ma in quella stanza sarei rimasta sola con Violetta per confidarle che ero stanca di indossare tutti i giorni i panni della cortigiana ma non avevo avuto la fortuna di conoscere Alfredo e di avere la tisi.

Oh, si! Lei era fortunata! Nel dolore c’era la chiave per scegliere la via e sciogliere i dubbi, come i nastri del corsetto.

L’Opera era adorabile, ricordavo tutte le arie. Ricordavo ogni singola nota, ogni singolo fiato. Ne volevo morire.

Voleva vivere.

Crogiolarsi e spendersi nell’amore.

Nel Suo “Amami Alfredo” c’era la sua unione alla mia anima.

Io, cortigiana potevo lasciare il braccialetto d’oro e cogliere un guanto bianco o una piuma o quella Camelia che ogni settimana arrivava puntuale, colma di profumo.

Si ringraziano con estremo affetto e stima, Silvia Priori, Roberto Gerbolés, Kaoru Saito e Teatro Blu di Cadegliano; si ringrazia l’Auditorium di Maccagno per l’attenzione ed il cipiglio artistico nel promulgare la Bellezza e l’Arte, rendendola fruibile a tutti!

0 commenti

Related Posts: