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Tra Prima prova e orali: slanci futuri

da | Giu 29, 2024 | Nel quotidiano | 0 commenti

Approcciarsi all’esame di maturità è stata una rivelazione. Poter ascoltare, partecipare da uditore esterno mi ha offerto spunti di riflessioni e punti di vista che talvolta non sono affatto ovvi. La “maturità” si fa: alcuni la temevano, altri non ci pensavano, taluni intonavano “Notte Prima degli Esami”? Quanto è rimasto di quei tempi? Soprattutto è corretto, equilibrante ancora oggi seguire questo metodo valutativo?

Andiamo con ordine affrontando ciò che è la Prima Prova di Italiano, comune a tutti gli istituti scolastici. Con timore, sospetto o scommessa si avanzano delle ipotesi di cosa possa essere proposto dal Ministero. Gli autori da cui si trae ispirazione per le tracce vanno dal 1850 sino a tutto il 1900 ed ai giorni nostri (per il filone attualità).

E così, a distanza di anni da quando io mi cimentai nella prova di Analisi del Testo, rivedo Ungaretti. Come avrei affrontato “Pellegrinaggio“? Forse proprio immedesimandomi nel titolo, avvertendo la suspense già del primo verso, per poi scendere nelle viscere del poeta, quasi una visione macabra, prolungata nel tempo che oramai non si conta più. Il fango demone e salvatore: quasi un boia sfruttando le membra del poeta oppure redentore perché delle ossa ne fa semi di biancospino, pianta simboleggiante forza, prosperità, vita serena. Riducendosi, trasmutando a seme si torna alla spès, speranza.

Ancora il poeta in prima persona ci appare come spettro, cerca una chimera ma troverà soltanto l’illusione. Il vortice di orrore, sangue ferroso è al pari dello scoglio di Scilla e Cariddi. Ungaretti non è Ulisse. Forse è un uomo della ciurma.

Di nuovo invoca luce, acqua nella sospensione di vapore, la nebbia. Nebbia che può non essere di cattivo presagio, bensì morbida torba aerea capace di fertilizzarsi.

Sfogliando le altre tracce trovo Pirandello alle prese con Serafino Gubbio, che gira attorno ad una macchina pensando alle parti di corpo che le occorrono e l’anima? Dove resta? Dove se ne sta? Ai signori è lasciato l’impiccio dell’anima, del poeta. Le macchine non possono rendere poesia. Eppure l’uomo si è reso fabbricato di una rivoluzione messa in moto da lui. E’ il genio, l’inventore o è un prodotto di una sua stessa catena di  montaggio?!

La sopravvivenza alla guerra fredda, scacchiera perversa di menti scollate da qualsiasi senso animico e forse pure animale è presentata in una altra traccia. Questa non può che proporre successivamente una riflessione sul senso civico, sulla bellezza come senso di appartenenza, identità, benessere, logiche opposte a qualsiasi regime e mosse da guerrafondai. La vita dell’individuo intercalata nella pienezza di una comunità qualitativamente consapevole (e viceversa), portano al pleno iure di ciascun individuo.

Si tocca in questa Prima Prova il tema del Silenzio, finalmente! Ogni parola deve essere scandita da un ritmo, esso è la risultanza di un buon allenamento con il silenzio! Silenzio è tam-tam, è leva autentica del dialogo, è empatia, è connessione, è flusso e portata, è intensità. E’ lo sguardo introspettivo della propria anima verso il mondo, verso l’esterno. È stimolo.

Infine le altre proposte riguardano l’imperfezione e “profili, selfie, blog”, altre due aree semantiche per cui si dovrebbero tenere interi workshop, seminari, dibattiti. Torna il tema del Silenzio sia per comprendere quanto la perfezione non appartenga all’uomo mortale, sia perché il diario al giorno d’oggi non è affatto un momento di raccoglimento, anzi! È una gara a chi scatta per primo un selfie… c’è da argomentare.

Queste ipotesi nascono proprio dalla prima traccia e dall’ascolto degli orali.

È ancora possibile oggi portare fogli protocollo e mappe concettuali per sostenere l’esame? Non sarebbe opportuno valutare l’introduzione di PC con connessione a internet affinché possano ampliare risorse e sondare informazioni arricchenti da inserire durante la prova? Programmi antiplagio potrebbero superare il problema della “copia” in modo eccellente.

Di nuovo riflettiamo sui docenti appartenenti ad almeno due generazione precedente i candidati: il metro di misura è efficiente ed efficace in toto per la valutazione? oppure si è dinanzi a linguaggi diversi? Se gli studenti portano argomenti freschissimi, virali, basati su profili, blog, interazioni virtuali, come colmare questo intervallo temporale? Pensare ad un modello a più ampio respiro (ingerendo spunti europei) con docenti “senior”, “junior”, creando un organico durante l’anno scolastico e delle commissioni all’esame di maturità, capaci di superare il gap generazionale.

I lavori presentati durante le sessioni di discussione spesso sono tinteggiati da colori scuri, mancanza di aria, prospettiva del domani. I ragazzi scivolano facilmente e si muovono guizzando in turbini di ansia, horror, noir… questa è creatività? Oppure indice di un disagio? Forse la pedagogia, la formazione, le prove di “maturità” andrebbero riformate.

Altrimenti si scivola in uno scambio al limite di un moto rettilineo uniforme, senza accelerazione, dove gli studenti aspettano la domanda “cosa farai da grande”, stringono le mani e forse si sono già dimenticati 5 anni di possibilità forse accalappiate, forse perdute. I docenti annuiscono alle nozioni corrette e pensano al futuro quinquennio.

C’è bisogno di silenzio, di colore e di coraggio!

erica g

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