La ricerca scientifica abbraccia tantissimi campi e, quello di cui oggi parleremo coinvolge il mare e l’oceano! Pensando appunto al mare ed alla ricerca, l’immaginario collettivo fa riferimento alla biologia marina ed alle grandi specie da salvare ma dimentichiamo spesso che l’equilibrio dell’ecosistema marino è basato su tantissime specie piccolissime, spesso invisibili ma considerate il motore e le sentinelle del mare: il plancton. Di questi aspetti e dell’affascinante ricerca scientifica in ambito biologico-marino ne parliamo con Marina Cabrini, tenace ricercatrice e donna amante del mare e della natura.
Marina Cabrini, ha dedicato la maggior parte del suo tempo alla biologia marina, ma di cosa si tratta, oltre ai luoghi comuni?
La biologia marina è il mio mondo e quello di cui mi sono sempre occupata è la parte invisibile di questo grandioso ed esteso ecosistema, ciò che io chiamo la “biologia marina invisibile”, il plancton! Il plancton è l’insieme di organismi acquatici diversissimi tra loro ed appartenenti a specie diverse, che vivono in balia delle correnti marine.
A Trieste, all’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale coordino il gruppo MAB (Marine Biodiversity) che si occupa della biodiversità, organismi che vivono in acqua fitoplancton, zooplancton, microplancton e nel sedimento il benthos, fitobenthos e zoobenthos (es. policheti). E’ bene ricordare che il fitoplancton è alla base della catena trofica e contribuisce ad abbassare il livello di CO2 nell’atmosfera grazie al processo fotosintetico. Ci occupiamo quindi del plancton: della sua fisiologia, ecologia, distribuzione controllando la vitalità, la salute ed ogni parametro ambientale utile alla comprensione del suo habitat. Un recente progetto, sul quale i nostri studi si sono concentrati, è sulla problematica delle specie aliene introdotte con le acque di zavorra.
Parlando più nel dettaglio della sua attività di ricerca, in riferimento alle specie aliene, ci può parlare di uno dei temi centrali della biologia, la biodiversità?
Certo, superficialmente si pensa che inquinamento e biodiversità siano correlati e basta studiare la loro correlazione; in realtà, l’argomento è più complesso. Per l’inquinamento gli studi riguardano in particolare aspetti chimici, per esempio il riconoscimento di sostanze inquinanti, la loro concentrazione, mentre la biodiversità marina, viene studiata al microscopio dopo aver raccolto campioni d’acqua di mare oppure di sedimento nei monitoraggi, negli studi che servono a comprendere come varia la biodiversità nello spazio e nel tempo e in relazione al cambiamento climatico e non solo. Sottolineo l’importanza dello studio in punti fissi, come le stazioni LTER (Long Terminal Research), Noi mensilmente dal 1986 monitoriamo una LTER stazione localizzata nell’Area Marina protetta Parco Marino di Miramare: è la più lunga serie di molti parametri ambientali e biologici costantemente descritti, senza interruzione, in Italia. Il monitoraggio a lungo termine ci permette di osservare il cambiamento della diversità specifica spaziale nel sedimento e alle diverse quote della colonna d’acqua e lungo il corso delle stagioni, di individuare la presenza di specie nuove o la possibile perdita di altre. Poi si allestiscono in laboratorio degli esperimenti per approfondire la fisiologia degli organismi a diverse condizioni ambientali: per esempio a diverse concentrazioni di CO2, oppure variando il pH dell’acqua o la temperatura. Obiettivo dei tassonomi e degli ecologi è individuare i possibili cambiamenti nella struttura della comunità al variare delle condizioni ambientali. Le specie possono essere target, segnali per verificare i cambiamenti climatici in corso.
La comunità delle specie cambia, come descrive questi passaggi in cui una specie nuova entra nella comunità?
Quando una specie nuova fa il suo ingresso nella comunità, non è possibile stabilire subito se il cambiamento sarà positivo o negativo. Nell’ultimo caso si assisterebbe alla riduzione o nei casi più gravi alla scomparsa di specie già presenti nella nicchia ecologica ma si tratta di studi su lungo termine. Quello che abbiamo sviluppato con il progetto sulle specie aliene è conoscere le comunità indigene nei porti e nelle aree protette e poi le specie presenti nelle acque di zavorra. Il progetto BALMAS ha interessato tutti i paesi adriatici l’Italia e della costa orientale dalla Slovenia alla Albania. E’ stato messo a punto un protocollo comune per poter confrontare i risultati ottenuti ed elaborare un sistema di controllo, il cosiddetto early warning system. A proposito delle specie aliene invasive, nel 2016, lungo le coste del Mar Adriatico si è evidenziata l’invasione da parte di una specie arrivata dal Mar Baltico, Mnemiopsis leidyi, che ha gravemente modificato l’ittiofauna adriatica. Questa specie gelatinosa, non urticante, trasparente, portata dalle acque di zavorra in diverse aree, la specie originaria è presente lungo le coste atlantiche dell’America ed è stata “portata” dalle acque di zavorra prima verso il Mar Egeo e, successivamente sino all’Adriatico.
Parlando di impatti economici sull’ambiente e sull’attività antropica cosa può dire in merito?
Chiaramente la presenza di specie aliene “negative” porta danni, talvolta ingenti, per l’ecosistema marino e per l’economia che gira attorno ad esso. Ma l’uomo che spesso con la sua attività non si cura delle conseguenze, può fare molto, può prendersi maggior cura dell’ambiente in cui vive perché deve lasciarlo alle generazioni future. E’ importante comunicare (senza allarmare) scientificamente i cambiamenti che avvengono in natura e gli scienziati sono le persone più competenti a farlo. A tal proposito nell’ambito della SIBM, Società Italiana di Biologia Marina, ho fondato il gruppo di Disseminazione e Divulgazione per cui i ricercatori possano informare e divulgare a stakeholders, cittadini e interessati argomenti delle loro ricerche.. La terra sta mutando in modo anche indipendente dall’uomo, ma l’essere umano può aiutare a gestire meglio il cambiamento. Inoltre le normative nazionali e ora le direttive europee sono chiare a proposito: salvaguardia e nei casi estremi ripristinare la naturalità, valutare gli impatti e contenere le pressioni antropiche! Altro elemento che preoccupa fortemente la salute del mare è la plastica, ora la direttiva europea Marine Strategy obbliga le istituzioni preposte al controllo, quali le Agenzie regionali per l’ambiente a raccoglierla in mare. Per capire i fenomeni, valutare le anomalie ci vuole costanza e pazienza e soprattutto osservare costantemente le comunità anche per riconoscere la presenza di specie tossiche per l’uomo e per l’ecosistema marino . Un esempio fu nel Settembre 2009 una fioritura causata dalla microalga Ostreopsis ovata mai riconosciuta nei monitoraggi periodici e introdotta probabilmente dalle acque di zavorra o da molluschi acquistati da altri mari e poi allevati nel Golfo di Trieste. Questa microalga causò fioriture anche nel mar Ligure e nel Conero, provocava irritazioni cutanee, oculari, disturbi respiratori per chi si trovava in mare. Da quel periodo è stato introdotto il monitoraggio per questa specie accanto ai programmi di monitoraggi che venivano già effettuati in tutte le regioni su tutta la comunità del fitoplacton.
Come ha scelto di diventare biologa marina? E sappiamo che è stata in Antartide…
Ho scelto biologia perché mi piaceva l’ambiente, anche se pensavo di occuparmi di giardini ma un viaggio ha cambiato notevolmente la mia rotta. Il mio relatore mi ha proposto di imbarcarmi per partecipare ad una campagna oceanografica in Adriatico e poi da quel primo viaggio sono seguiti altri anche molto lontani, ben 4 volte ho partecipato alle campagne nel Mare di Ross, in Antartide! Il secondo viaggio ha implicato la realizzazione di un’organizzazione intensa, avendo allora una bimba piccola di dieci mesi! Gli altri sono stati meno complicati a livello di gestione, sicuramente a livello emozionale… non c’erano ancora le video-chiamate e alcuni momenti di mia figlia li ho persi, ogni campagna durava 2 mesi…eppure non ho lasciato nulla al caso, ho avuto il conforto e l’appoggio insostituibile della mia famiglia. Rivedere mia figlia al ritorno del mio secondo viaggio è stato come vederla ri-nascere…
L’Antartide è un continente magico… specialmente la prima volta… i primi pinguini, i ghiacci, le balene…. In alcuni passaggi il mare raggiungeva forza 10! Poi si arriva nel mare di Ross ,viaggiavamo tra i ghiacci a raccogliere campioni per conoscere il plancton di questo ambiente estremo…incanto assicurato!
Che messaggio lascia ai ragazzi?
Esortarli a trovare la loro passione… devono individuarla perché è quella che ti permette di lavorare meglio…e la ricerca è una dimensione che ti porti dentro.. è una passione non è solo un lavoro ad orario.. deriva da una curiosità forte.. c’è il ricercatore che sa scrivere, chi sa condurre un buon esperimento, chi insegna anche a trasmettere il proprio sapere…la competizione nella ricerca è alta e bisogna correre molto, riflettendo sempre bene, come persone che vogliono raggiungere il traguardo e preparare la strada ad altri.
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