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Donne e ricerca : Barbara Garavaglia

da | Ago 9, 2018 | Lifestyle | 0 commenti

La ricerca coinvolge le donne come protagoniste attive nella conduzione di esperimenti, nella generazione di ipotesi, nel testare su modelli queste stesse ipotesi, nella scrittura di articoli scientifici, nell’esporre i propri lavori a congressi o davanti ad un pubblico eterogeneo. Ma, gli obbiettivi della ricerca hanno come destinatari sia uomini che donne! Può sembrare superfluo e può essere scambiato come posizione a difesa dell’ambita parità ma non è così: donne affette da disturbi neurologici o malattie genetiche importanti possono vivere in modo profondamente negativo gli aspetti che la femminilità comporta. Questa premessa vuole introdurre il racconto di una ricercatrice il cui profondo amore per la scienza, per la ricerca e per la vita tocca davvero cardini profondi: l’incontro con Barbara Garavaglia ci permette di avanzare nel mondo della ricerca sia da un punto di vista tecnico, sia da una angolatura molto umana, sensibile e vicina a chi effettivamente è il destinatario degli studi ed esperimenti.

Barbara, il suo nome è collegato ad una profonda esperienza scientifica, uno spessore professionale davvero ampio unito ad una qualità che colpisce subito: la passione che traspare quando racconta la ricerca e la sua missione; può raccontarci come è iniziato il suo percorso tra le innumerevoli strade del mondo scientifico, cosa l’ha portata a questa scelta? Quali sono i passaggi importanti dall’inizio ad oggi sia a livello personale che professionale?

Come spesso avviene, il mio percorso professionale è iniziato “per caso” nel 1979. Giovane studentessa di Biologia ero andata a trovare un amico purtroppo ricoverato al Besta per un tumore cerebrale. Ho subito percepito in quell’Istituto una voglia di “fare” associata a grande umanità e mi sono detta: “che bello sarebbe poter fare qui la mia tesi sperimentale”. Ho chiesto al neurologo che seguiva il mio amico se ci fosse la possibilità di svolgere tirocinio e mi ha presentato colui che sarebbe diventato il mio “mentore”: il Dr Stefano Di Donato successivamente Direttore Scientifico del Besta. Perciò ho iniziato a fare ricerca occupandomi di malattie metaboliche ereditarie e dal Besta non mi sono più mossa!

Di aneddoti e ricordi positivi e negativi ce ne saranno molti però, può condividerne uno fra tutti che la riguarda come ricercatrice e donna?

Quello che mi ha subito appassionata nel lavorare in un IRCCS pubblico è stato lo stretto legame fra ricerca, assistenza e cura del paziente neurologico. Oggi si chiama Medicina traslazionale (from bench to bedside)… all’Istituto Besta veniva già “praticata” più di 40 anni fa. Dopo la laurea avvenuta nel 1982 ho fatto 8 anni da ricercatrice “precaria” con borse di studio e contratti sino all’assunzione. Ciò che trovo ancora oggi affascinante del mio lavoro sono le piccole e grandi scoperte quotidiane.

Quali traguardi si sono raggiunti e cosa si è potuto costruire su questi “fulcri”?

Negli anni ho visto trovare la causa di malattie di cui prima si conoscevano solo i sintomi. Identificare il gene causativo di una patologia, anche se non associato ad una cura, è importante per la famiglia perché viene dato un nome alla malattia e si pone fine ad un percorso di ansia ed incertezza che dura da anni. Insomma come vedere i telefilm della serie Cold Case. Si può inoltre fare counseling genetico ed offrire diagnosi prenatale. Quante foto di bambini ho nel mio studio nati dopo sofferenze dei genitori per la perdita di un loro figlio!!! Trovare la causa è importante anche per il proseguo della ricerca nel chiarire la fisiopatologia della malattia e pensare ad approcci terapeutici. Vedere ora che per molte malattie genetiche (SMA, Leucodistrofia metacromatica..) vi sono delle cure grazie alla ricerca è una soddisfazione incontenibile!

Come muove la sua ricerca nei confronti dell’etica? Nel suo studio ci sono foto di bambini: cosa ne pensa delle vicende, divenute in modo errato casi mediatici, di Charlie ed Alfie e, di tutti quei bambini colpiti da malattie genetiche rare?

La ricerca medico scientifica, quella vera, da sempre si confronta con l’etica ed ha un grande rispetto verso i pazienti. Purtroppo viviamo in una società dove tutto diventa mediatico in brevissimo tempo, dove tutti dispensano notizie e danno pareri pur non sapendo nulla dell’argomento e la cosa incredibile è che spesso vengono creduti più degli esperti. Ho seguito particolarmente il caso di Charlie perché affetto da una patologia mitocondriale di cui il mio laboratorio si occupa e ovviamente conosco personalmente tutti i medici che sono stati coinvolti in questa storia. Quello che i genitori chiedevano era di tentare sul loro bambino, ormai in uno stato vegetativo, una cura che sembrava stesse dando i primi risultati positivi nella prima fase dei test preclinici, quella sui modelli cellulari e, mai verificata né su modelli animali, né sull’uomo. Umanamente comprensibile è la richiesta dei giovani genitori ma, bisogna aver in mente che nel mondo, purtroppo, esistono centinaia di Charlie con malattie rare che attendono una cura. Qualsiasi terapia prima di essere praticata e/0 somministrata, anche per uso compassionevole, ad un essere umano, deve prima essere sottoposta a test specifici di sicurezza secondo una metodologia codificata internazionalmente. Non basta avere un dato preliminare in laboratorio. Se non si seguissero le linee guida sulle sperimentazioni sarebbe il caos, basti pensare al caso “stamina”…

Di quali tematiche e progetti si è occupata e si occupa tutt’oggi da un punto di vista strettamente scientifico e pratico, può descriverli?

Mi sono sempre occupata di malattie genetiche rare. In particolare di difetti metabolici che coinvolgono i mitocondri, piccoli organelli presenti in più copie in ogni singola cellula importantissimi per produrre l’energia necessaria alla vita. Se qualcosa non va è un disastro e spesso le malattie colpiscono il soggetto nella prima infanzia.  Per far conoscere queste patologie che nel loro insieme colpiscono 1 su 5000 nati (non sono quindi così rare…) abbiamo creato un sito sempre aggiornato il cui nome è: www.mitopedia.org.

Mi occupo anche di difetti genetici dei disturbi del movimento come il Parkinson, le distonie (www.accademialimpedismov.it) ed anche per queste patologie il mio laboratorio è un centro di riferimento per la diagnosi genetica.

La medicina di genere è un altro tema importante per lei: come si muove in tal senso?

Ho iniziato ad interessarmi di medicina di genere una decina di anni fa quando ho letto un rapporto ministeriale sulla salute degli italiani in cui emergeva chiaramente la differenza significativa di frequenze tra uomini e donne di alcune patologie, soprattutto neurologiche. Riprendendo come esempi alcuni dati si osserva:

  • sclerosi multipla 4F/1M,
  • cefalea 3F/1M
  • autismo 5M/1F,
  • Alzheimer 2F/1M ,
  • Parkinson 1,6M/1F

(per ulteriori informazioni si può consultare il sito, rivolto non solo agli addetti ai lavori, ma anche a pazienti e familiari: www.accademialimpedismov.it)

In più, in quel rapporto, emergeva che le donne, pur vivendo più a lungo degli uomini erano più malate e, gli eventi avversi dei farmaci erano molto più presenti nelle donne che negli uomini. Ho quindi approfondito la tematica e mi si è aperto “un mondo”. Ho appreso che i farmaci venivano principalmente sperimentati sugli uomini e non sulle donne, che la figura di riferimento per descrivere una malattia era sempre l’uomo! Ho appreso che i sintomi con i quali si presenta una malattia possono differire tra maschi e femmine. Tipico è l’infarto del miocardio, che nel soggetto femminile si può presentare come un “semplice” mal di stomaco per cui molte donne con un infarto in atto vengono dimesse dal Pronto Soccorso con un banale antigastrico o addirittura un ansiolitico! Se si pensa che l’infarto nella donna è molto più mortale che nell’uomo…!!! E’ interessante precisare che la prima causa di morte nella donna sono le malattie cardiovascolari a dispetto del pensiero comune costituito dalla risposta univoca “tumore al seno”. Quando si chiede cosa rappresenta la medicina di genere, la maggioranza delle persone, ed anche dei medici, risponde riferendosi alla medicina delle donne.

Questo però non è vero!

La medicina di genere, o meglio, la medicina genere – specifica è la scienza che studia e cura le malattie in base alle differenze anatomiche, biologiche, funzionali, psicologiche e culturali di un individuo. Si occupa quindi di donne e di uomini.

In questi anni ho organizzato molti convegni sulla medicina di genere nelle malattie neurologiche, convegni che hanno visto la partecipazione di 300-400 persone. Sono entrata a far parte del Gruppo Tecnico di Approfondimento sulla Medicina di Genere (MdG) in regione Lombardia che ha contribuito ad inserire la stessa MdG nelle regole di sistema alla gestione del servizio sociosanitario regionale. Anche a livello nazionale molti professionisti (quasi tutte donne) si sono attivati per riconoscere la MdG come una branca importante della medicina. La legge Lorenzin, pubblicata in Gazzetta Ufficiale a Gennaio di quest’anno, prevede l’inserimento della MdG nel SSN e nei trial clinici. Una bella soddisfazione!

La divulgazione, l’informazione e le donne: sono tre obbiettivi importanti, che vogliono trasmettere a tutti l’importanza di condividere punti chiave e rendere chiarezza e trasparenza, non di meno dare valore a tutti (e purtroppo ancora oggi, le donne non riescono ad esprimersi ed essere valorizzate al meglio).

Oggi ricopre diversi ruoli importanti che la vedono impegnata nel Comitato Unico per la Garanzia delle pari opportunità all’istituto Besta di Milano e nel Besta Women in Network.

Anche nel campo medico-scientifico le donne, pur essendo in maggioranza, sono fortemente sottorappresentate ai vertici. Le motivazioni sono note: la donna si fa quasi sempre carico della cura dei figli e dei genitori anziani o famigliari disabili e quindi pensa di avere meno tempo nell’esercitare ruoli dirigenziali. Si consideri che gli aiuti forniti per conciliare vita lavorativa e vita personale sono quasi inesistenti. È noto che le élite tendono a riprodursi uguali a se stesse, così gli uomini continuano a cooptare gli uomini. Per non parlare degli stereotipi intrinseci in ognuno di noi difficili da eliminare. In ricerca la % di uomini PI dei progetti scientifici è molto superiore di quella delle donne. Prendo come esempio uno studio svolta da un’Università americana: hanno fatto valutare lo stesso Curriculum Vitae cambiando solamente il nome John (Maschio) e Jane (Femmina). Il risultato finale mostra che John è sempre stato valutato meglio di Jane!

Per questo, da tempo, cerco di contribuire ad eliminare queste differenze lavorando con la rete regionale dei CUG (Comitato Unico di Garanzia) lombardi e con l’Associazione Besta Women in Network. Sono convinta che il cambiamento debba partire anche da noi donne, modificando la percezione di noi stesse. Organizziamo quindi corsi di empowerment, convegni sul tema, collaboriamo con altre associazioni femminili.

Dalle sue parole si è colpiti dalla bellezza della ricerca e della vita: guardandosi oggi come donna e ricercatrice e, spostando un po’ il tempo e tornando ragazza quali sono i pilastri su cui ha costruito la sua strada? C’è qualcosa che avrebbe voluto fare? Quali erano e quali sono i sogni nel cassetto?

Facendo un’analisi della mia vita sia lavorativa che personale sono soddisfatta. Ho potuto svolgere un lavoro che mi ha sempre appassionato. Ricordo che a dieci anni, alle elementari, in un questionario preparatorio per le scuole medie, c’era il quesito: “chi vorresti essere?” La mia risposta fu Marie Curie!

Per me (ma credo per tutti) poter fare un lavoro che mi appassiona è fantastico. Non mi sono mai importati i soldi e chi fa ricerca non fa soldi… Ho avuto due genitori fantastici, una famiglia felice ed ora mi appresto a diventare nonna di Ginevra che nascerà a Novembre. Quello che però non mi piace adesso è la situazione in cui si trovano i tanti ricercatori precari che da anni, anche venti, lavorano con contratti a termine senza un futuro certo, senza poter pensare ad una famiglia, spesso costretti a dover migrare all’estero. Questo mi addolora molto! Però ciò che suggerisco e consiglio fortemente ai giovani è di continuare a credere nei loro sogni nonostante tutto e di combattere per ottenerli.

Per approfondimenti Medicina di Genere:

http://www.salute.gov.it/portale/documentazione/p6_2_2_1.jsp?lingua=italiano&id=2490

http://www.gendermedjournal.it/ (n.d.r. sito in lingua italiana)

Per approfondimenti su Malattie Rare:

https://www.osservatoriomalattierare.it/malattie-rare

Besta Women in Network

http://www.bestawomen.it/

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