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Tutti alle Nozze, benedetti dalla Pioggia!

da | Lug 13, 2021 | Arte & Teatro

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Le Nozze di Figaro (e di Susanna) – Musica di W.A. Mozart , Libretto di L. Da Ponte| Varese Estense Festival 2021

È proprio vero che ogni replica è in verità un battesimo, una fonte parlante e comunicante di messaggi, pensieri ed azioni capaci di arrivare in maniera differente, in base alla propria maturazione, evoluzione, crescita, temperamento e richiesta.
Questa benedizione più che mai si è realizzata in un cambio di scena imposto da un volere più alto, uno scroscio d’acqua: tutti gli spettatori, attori, musici, tecnici, si sono trovati a muoversi in una marcia, in una danza, per continuare ad apparecchiare il banchetto di Nozze!
È un’opera duttile a ciascun animo che ad essa si accosta, ogni personaggio prende un pezzettino di noi e lo fa proprio, ogni personaggio ci lascia meditabondi, scattanti, principianti in erba di una disciplina per cui vi è il passaggio di un testimone. Noi stessi siamo viventi passaggi, veicoli di un messaggio, responsabili nel diffondere storie, grani di polline in grado di ripopolare la sana biodiversità dell’uomo.
Ci sono i costumisti, il coro, il direttore d’orchestra, i musicisti, la regia e poi gli attori, quei personaggi che amano e fan la guerra, divertono e arrivano a far lagrimare, mostrano tratti talmente quotidiani che lasciano incantati e quasi attoniti. Siamo davvero noi, tutti i giorni della nostra vita a combinare ed ordire trame, intrecci e cercare di assestare le zolle mosse dal terremoto di un Fato, del Caos, del Destino ridente dinanzi a noi buffi ed ingenui interpreti?!

C’è Cherubino, Amore, presente in tutte le sue forme morali e a-morali (come nota e sottolinea la regista Serena Nardi), riunito in un angiolo capace di dolersi, languire, riappacificare, convergere, congiungersi. Anche in lui c’è una danza ed una marcia, diletto e guerra, pace e tormenta.

I suoi monologhi sono lenzuoli, piume, indumenti immersi in quelle vasche di beata nostalgia la cui brama è l’unione sponsale ed il perdono. È quella forza che muove, con moto circolare, senza interrompersi, perenne, gli animi ed i corpi, gli inganni, i sospetti, i tradimenti, le astuzie, i desii, gli affanni, le promesse, le concessioni di quell’abbraccio dimenticato.

C’è Susanna e c’è Figaro: debbono sposarsi ribaltando le visioni riguardo agli usi ed abusi delle classi sociali. Battute argute, cappelli e chitarrini, danno ad intendere la rotta in costante movimento rotatorio, di un volere capace di sgretolare antichi regimi e credenze per aprirsi ad un’era illuminata. Questo, visto oggi, fa credere fortemente ad un abbandono di prigionie astratte, allo scioglimento delle nebbie invisibili, forti però come tenaglie sulle coscienze. Ogni atto, ogni singolo frammento di scena, prodotta lungo la circonferenza di una Fontana (n.d.r: la Fontana dei Giardini Estensi di Varese), rappresenta la conquista di una danza di effusioni, traballante ancora ma di nuovo autonoma, indipendente, libera, “follemente” libera.

E lo fa con …

con la voce di Barbarina, pronta a sbocciare in un maturo fiore;

con la voce di Marcellina, stizzosa all’inizio eppur un chiaro cristallo di neve allorquando ad un figlio si ricongiunge;

con la voce di Susanna, intrepida, impavida, scherzosa e donna piena, senza malizia -se non per dovere verso il suo Vero Amato -, illuminata;

con la voce della Contessa, fragile Regina di un cambio d’epoca, di un cuore al quale è legata che la prova, la seduce, la tradisce, si prostra ai suoi piedi. Una Contessa, minuta, esile, colta e astuta eppur desiderosa di essere donna, amata e amante. Deve però guardare dentro agli occhi del Conte e decidere se concedere il perdono oppure no. Questo perdono in ogni sua aria le costa una pena, una spina … chissà forse la rosa rossa tra la sua chioma ne reca una. Contessa dalle note turbate, vissute, fatte di strati di vita, come coperte elevano lei, fragile, a sbrogliare vicende per convolare a Nozze, per aprirci a opportunità, in cui “giocarcela”, nel bene e nel male, questa vita!

Perdono sia, libere e liberi senza essere giudici, con un paio di scarpette rosse, per vivere oltre l’ordinario, in un moto tra danza e marcia perché – e qui le parole della delicatezza e dolcezza di una regista, Serena Nardi, che ha saputo trasportare un messaggio illuminato, puro, armonico, nell’oggi – sugellano l’inizio di un cammino per ciascuno:

“… perché in questa storia assai folle e tanto nota a tutti – è proprio quella di tutti noi- ogni giudizio resta appeso alle note finali dell’opera, e sospeso sulla mancata rivoluzione dell’umanità. Oggi ha senso provare ad andare oltre e scendere, per quel che è possibile, nella dimensione interiore dei personaggi. Per leggerli in quanto portatori di sogni e bisogni simili ai nostri. Togliere le strutture esterne e guardare ciò che non appare: le maschere nascondono e a lungo soffocano. […]
L’ultimo malinconico sguardo della contessa forse sull’ennesimo perdono concesso, sul passato, sul futuro, o su se stessa, porta a chiedersi perché?” [cit. S. Nardi]

Si ringrazia RedCarpetTeatro, Orchestra Sinfonica Estense e tutti coloro che hanno sostenuto e promosso il Varese Estense Festival

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