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L’Albero di Natale si fa … in una storia

da | Gen 3, 2021 | Testimonianze & Racconti

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C’era un tempo in cui molti uomini e molte donne, bambini e vecchierelli, non potevano disporre di addobbi e decori per il periodo di Natale.

Non avevano nemmeno di che comporre un pasto completo e ago da cucito per rammendare le toppe!

Ma quella bambina era ostinata. Dal Primo di Novembre si era inculcata che quell’anno doveva esserci un segno, un tratto, bisognava ammalarsi di Natale! Avrebbero avuto il loro pezzetto di sfarzo in mezzo a quei legni pieni di tarlo. Avrebbero preso la febbre di Natale.
Certo non si sarebbe permessa di sradicare alberelli teneri od i grandi maestri che offrivano ombra e nutrimento a coloro che abitavano la Terra. Nella sua cultura ma ancor prima nel suo cuore, gli Alberi erano sacri. E non capiva il perché boscaioli e signorotti, si recavano nella Foresta a scegliere l’albero da portare nel giardino o nel salone durante Dicembre. Per poi ridurlo a legna da ardere o, quando la Musa delle Arti e dei Mestieri interveniva, trasformarlo in utensile e ninnolo.
Doveva ammettere che venivano resi stupendi, prima del loro trapasso nei focolai domestici o in qualche bottega di falegnami.
Bocce di fine cristallo, nastri, puntali, luci… una meraviglia. Lei non avrebbe avuto tale fortuna: il Fato l’aveva segnata e posta tra i poveri. Confidava questo al ‘suo’ albero, un gigantesco Noce. Attorno al tronco le aveva messo la sciarpa affinché non si raffreddasse. Voleva prendersi cura almeno un poco di colui che riteneva un Amico ed un Saggio.
Quell’anno il raccolto era misero, non avrebbero avuto nulla se non latte annacquato e riso.

Era fine Dicembre, le poche consegne e faccende per i Benestanti – così li definiva bonariamente, riconoscendo loro il lignaggio- le aveva svolte. Teneva lo sguardo basso. Non voleva vedere luci e buio. A casa la stavano aspettando. Appena entrata una gentile comanda irruppe nella sua mente: “Prendi quella panna che avevamo fatto pochi giorni fa e montala: oggi si fa il burro!”

-“Chi ha comandato il burro?”

-“Il Natale!”

Il cuore si affaticava inseguendo un pensiero che potesse motivare quel momento, quella richiesta.

-“Riscuotiti dallo stordimento e sii gioiosa! Quest’anno ci sarà Natale e ci sarà l’Albero, su prepara il burro, Tesoro, occorre in fretta.”

La bambina con l’aria stranita svolse il compito.

Nei giorni seguenti all’insaputa della piccola, quei poveri artigiani e mendicanti che condividevano paure e speranze, decisero di realizzare un alberello fatto da due sottili sfoglie con un ripieno di noci, miele e composta d’albicocca.

Usare panna, burro e farina appariva così assurdo. Ma era giunto il momento di celebrare il Natale, costasse anche l’ultimo risparmio in dispensa!

Quei miti, zia, fratello e nonno, nel silenzio della notte realizzarono il dolce. Nell’attesa si intrattennero con il Silenzio, osservando e pregando i sacri alberi. Li avevano protetti e guidati sino a li, a quel momento, nella loro casetta di periferia, nonostante tutto.
Alberi maestri a cui affidavano la loro essenza. Alberi a cui chiedevano la possibilità di un segno, di un sogno. Spolverarono l’alberello di sfoglia con dei granelli di zucchero e del miele.
Di un albero, di una trave, di un tarlo e d’una pagliuzza ne si può fare una ode. Ascoltare le loro voci ed ecco, da quel fornetto escono sentori di miele, la croccante grinta delle noci, la fatica del grano nell’essere frantumato, ridotto a farina e lavorato in pane, un crostino avanzato, la freschezza estiva delle albicocche, del Sole cocente che manca, il burro è la nota di fondo.
Un’ode e una magia: l’Albero si fa! 
Tempo di celebrare, di muoversi, di essere pagliuzza preziosa in un palco pieno di Aromi. Nessun risparmio vi è più, trucioli di sogni che si fanno lame per incidere il ghiaccio e scivolare delizianti come i primi fiori d’Inverno. Cola il miele e granella di zucchero sull’albero pronto.
Anche quell’essere umano lo è

La mattina del Secondo Giorno di Gennaio, la piccola si svegliò con un aroma sconosciuto, dolce, morbido, nulla a che vedere con i sentori di fieno, di paglia umida. Trovò sul tavolo un meraviglioso alberello fatto di: non aveva mai visto nulla di simile!!!

Stava per correre nelle stanze della zia quando gettò una rapida occhiata fuori dalla finestra. La luce entrava in modo diverso, un’angolazione di 45 gradi e non di 30.
Un albero sui quali rami vi erano gruppetti di pettirossi e scoiattoli, stava di fronte agli infissi: il suo Albero, il Noce!

Il suo fu un grido di gioia. Tutti balzarono in piedi! Anche per loro c’era una sorpresa quel Dì!

Si ritrovarono fuori dalla porta a contemplare quell’albero; alla base del tronco un lembo di stoffa familiare.
Abbracciarono l’albero come se ne fossero attratti. –“Buon Natale a voi miti e benevoli nei riguardi di noi Alberi. La vostra generosa anima, le vostre mani callose, le fatiche le abbiamo udite e scritte tutte.
È tempo ora che impariate a celebrare il Natale ed è per questo che sono qui. Non da mano d’uomo fui spostato questa notte ma da un volere più grande.
Buon Natale cari Amici e Buon Anno, da oggi sono con voi!”Arcaica e Grandiosa era la voce del Noce. Quei miti artigiani e contadini, quella dolce ed ostinata piccina conobbero la magia di un Nuovo Inizio e l’origine prima dell’Albero di Natale, del Dono dell’Abbondanza.
Iniziarono silenziosi a cantare condividendo e spezzando il dolce preparato in una Vigilia di Desiderio, calato nella quotidianità.

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