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Sì, No, Clic e non si tratta di un quiz!

da | Nov 28, 2022 | Arte & Teatro | 0 commenti

Saronno – 25 Novembre | Teatro Giuditta Pasta | Storia di un No – Annalisa Arione e Dario de Falco

State insieme?

Sì, No, Clic: il quiz del Balck Friday o del Cyber Monday?

Aspettavo che dal pubblico si sollevasse questa domanda, difficilmente la naturale curiosità verso queste tematiche si assopisce. Pur tardi che sia, pur denso l’argomento trattato, il dibattito non può chiudersi senza aver svelato il tipo di legame che c’è tra la coppia che si è appena “esibita” sul palco.

Annalisa Arione e Dario de Falco, mettono in scena una storia importante, sintesi di molteplici vicende, capace di inglobare temperamenti, personalità, atteggiamenti di persone realmente esistenti, in contesti accaduti per davvero. Sapientemente (con l’ausilio di figure professionali quali la Dott.ssa Savina Dipasquale – psichiatra, la Dott.ssa Luisa Ortuso – psicologa e psicoterapeuta) sono stati scomposti, analizzati e assemblati di nuovo per poter essere rivelati.

Sono delle possibilità, dati di realtà, vicende, dinamiche che possono prendere una certa direzione, seguire una rotta.

Basta un clic per mandare in rovina tutto. Basta un no per ricominciare.

Un padre amorevole, attento, accorto. Una ragazza – Martina – che non vuole più l’epiteto di “Pulcino”, è grande – 14 anni – confida tutto al padre, azioni e punti di riferimento che sembrano immutabili: lavarsi, prepararsi, indossare certi abiti, osservare certi compagni e compagne di classe, il silenzioso, l’asociale, la modella inarrivabile, le amiche. E poi Alessandro, l’innamoramento. Un mese e poi il “No”. Tutto molto classico oppure?

Alessandro, in un appartamento, le grida, il rifugio di una stanza, la madre, un braccio che si alza, il suo “No”. Un fotogramma quasi, l’invio che avrebbe seguito il clic fermato da un “No”.

L’abbiamo già sentito al telegiornale un episodio simile, quanti addirittura finiscono nelle peggiori delle ipotesi plausibili. Anche questo tutto molto classico, oppure?

I dibattiti dopo lo spettacolo, fatto da e di queste due persone, uomo e donna, riscrivono una nuova pièce. Perché il pubblico cambia, le età sono differenti, la fascia serale abbraccia altri tipi di mentalità, ci si rivolge ai grandi, si confidano le difficoltà e le prodezze dei giovani direttamente o indirettamente interessati al tema “violenza di genere” – “violenza” – tutti i più macabri annessi.

Si tratta di un vortice, spaventa ma, ai giovani basta un incipit affinché diventino una vera e propria “slavina” di emozioni.

Le emozioni arrivano prima delle parole che le possono spiegare.

Dovremmo lasciare fluire l’inconscio al posto che trattenere l’istinto? Può funzionare? Possiamo osare e rischiare di essere feriti o ferire? Si potrebbero prevenire tante azioni più o meno cruente? Dovremmo restare calmi e resistere, addirittura essere resilienti dinanzi a certe dinamiche? Eroine, eroi, martiri, carnefici, incompresi?

L’importanza di dire no: quanti rimpianti soggiungono, quante volte il dispiacere di lasciare un no secco davanti ad un bimbo, una  bimba nel fiore dell’infanzia, cede il passo al sì. L’affermazione ha il potere illusorio di una conferma ed assicurazione sulla libertà, sul senza confini. Il no conserva implicita il temibile suono di gabbie che si chiudono, lo stridio di una serratura che gira per intrappolare.

E se entrambi, il sì ed il no, hanno lo stesso potenziale di garanzia verso una libertà autentica?

Il no di Martina e il no di Alessandro innescano un effetto domino in cui tutti i protagonisti direttamente coinvolti e indirettamente, mutano.

Che importanza ha se si rivedranno questi due adolescenti?

È bello sapere che il padre di Alessandro ed il figlio si sono ritrovati, dopo mesi, a cenare insieme con una pizza.

È bello sapere che il papà di Martina le ha offerto il gelato in punta di piedi, ha detto i suoi no affinché possa renderla consapevole che essere grandi è una responsabilità.

Mariella, Carolina, Orsetta, Eugenio e anche al prof. Marinetti: quanti frattali di emozioni!

Arrivano subito. Sin dalla prima battuta di Annalisa e Dario. Bastano loro, uno schiocco di dita e tutto può iniziare, di nuovo. Un lavoro introspettivo per mostrare possibili scenari tra molti: i migliori possibili.

Intanto c’è chi misura la Rete Rosa, ne parla, confida la straordinaria capacità dei giovani, gli sforzi verso le vittime di violenza, la raccolta di nastri con frasi, testimonianze, tentativi di punteggiatura in situazioni dove parole ed emozioni stanno sul ring. Non è wrestling, non è una battaglia, non si vogliono né vinti, né vincitori, ne si risulterebbe “sconfitti a metà” (come diceva una canzone di Arisa).

Questa striscia fatta di ampie maglie, testimone di un commovente impegno, vorrebbe diventare vela di un albero maestro, essere issata su una barca fatta di un corretto fluire di emozioni. E’ ancora lunga questa strada. Lo sa. Non la percorre da sola, ci sono Annalisa, Dario, Rete Rosa Onlus e tante altre figure importanti e preziose.

È una rete, ha una missione pure lei: raccogliere, mondare, guarire, liberare emozioni.

Basta un clic, non quello di un acquisto da Black Friday o Cyber Monday, per tali date c’è sempre tempo. C’è un clic che vale una vita, molte vite.

Si ringrazia l’attenzione e l’accoglienza del Teatro Giuditta Pasta, la meravigliosa restituzione della realtà – così come è davvero! – di Annalisa e Dario, l’impegno di Rete Rosa Onlus

erica g.

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