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Brulichii di Natalia e la Parrucca di Maria Amelia Monti

da | Set 29, 2021 | Arte & Teatro

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Era alle prese con una spazzola aggrovigliata ai capelli sintetici.

Nei suoi movimenti si leggeva la fatica nel districare l’utensile da una chioma abbruttita, conservata con una cura inspiegabile, quasi equivoca visto il suo temperamento desolante nei confronti di un quotidiano incerto e forse usuraio.

Conservava la parrucca come segno di un amore vago, evaporato, amaro, dal gusto stantio che si può avvertire in una casupola consunta, in un albergo dai tratti di una vecchia pensione, con le facciate rugose e le moquette attaccate con il linoleum.

O forse vecchia lo era la parrucca, lo era lei, incapace di stabilirsi in pace in un luogo e dopo l’insistente pressione ricevuta dal marito (Roberto Turchetta), costretta ad installarsi in uno spazio nemico, non voleva allontanarsene, per abitudine.

Un marito pieno di parole e confusione, capace di intercalare sempre la canzoncina ‘Tutti i cinghiali hanno detto sì‘ e ingolfarsi la mente di fasulle promesse verso se stesso, e di riflesso verso la moglie.

Un ritratto che strappa risolini e leggerezze per come la vita di Betta e Massimo è presentata: scorci di comicità, crude pareti d’epoca, pigiami e gonne degli anni Cinquanta,  la dizione pacata, distesa di Betta interrotta solo da singhiozzi di controversie e deliri.

Questo essere senza soldi forse coincide a sentirsi perduti anche nell’amore, non c’è più, è colmo di buchi, quelli nello scialle di lana e quelli nel pigiama; ma le maglie non trattengono più calore e occorrono le doppie calze e forse un materasso senza bernoccoli… a che serve indugiare e tenere per sé l’unico atto di vita sbagliato che ha fatto sussultare di gioia Betta?

Lei lo dice, alla fine, alla madre perché di quei quadri assurdi si è stancata e, della cornetta di un telefono di una specie di pensione che gracchia la voce di una madre lontana per una figlia segnata da orli di paure e ansie, con occhi spenti dal quotidiano avanzare di un’esistenza spicciola, ne ha abbastanza.

Queste risatine lasciano la nostalgia di una dinamica cucita punto per punto dall’accorta Natalia Ginzburg, sapientemente interpretata da Maria Amelia Monti, tanto che il confine di quest’ultima si disperde nella grande e paziente saggezza dell’altra.

Avete presente quando, durante il primo bagno al mare, per errore, con i vostri amici, tuffandovi, introducete dell’acqua ricca di salsedine, di retrogusti di pesce, di piccole molecole minerali, di residui, di vita e di abbandono?

Ecco, in questa rappresentazione de “La parrucca” e “Paese di mare” c’è proprio questo, la spontanea ilarità iniziale, affogata nella cocente e scottante verità che ogni persona reca dentro di sé, nella sua crudità, senza essere abbattuta ma portata sulla tavola così com’è.

Quel gesto di pettinare una chioma tipicamente ludico, diventa un appiglio disperato per chi crede ancora nello svelarsi di una possibilità, di aggrapparsi alla povertà e scrollarsi quel perenne senso di elemosina che attecchisce ai senza soldi ed ai senza amore.

Così Natalia ci lascia con una rivelazione scioccante per bocca di Betta, Maria Amelia Monti, ed un endecasillabo giocoso che ha a che fare con i cinghiali, creando stupore, con la maestria di aver saputo popolare il palco, trasportando il brulichio di dialoghi dalla mente acuta di lei alla scena di un teatro e di un quotidiano molto vicino a noi, più di quanto si possa immaginare!

Si ringrazia il Teatro Giuditta Pasta di Saronno sempre accogliente e scrupoloso, Maria Amelia Monti e Roberto Turchetta per la straordinaria interpretazione!

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